Voci nella memoria a cui non sai dar nome, intrise di un anelito irrisolto: una canzone alla radio a cui una volta per un attimo hai prestato orecchio, per poi trovarla stucchevole, imbarazzante, troppo leccata. Forse quella canzone sapeva qualcosa che tu ancora ignoravi, qualcosa che non eri necessariamente pronto a imparare dalla radio. Perciò, almeno per te, la canzone va perduta. Casualmente resta inascoltata per quindici anni, finché un bel giorno il tuo cuore infranto non trova inaspettatamente il suo meritato appuntamento, Succede quando la canzone ti prende di sorpresa, uscendo da un'autoradio, e riallaccia i fili strappati dei tuoi anni. Incantato, ti concedi di ascoltare. Il disc jockey, però, trascura la scaletta, non dice mai il nome del cantante. O magari ti capita al cinema, su un montaggio di immagini che ricorre alla vecchia canzone. Alla fine passi in rassegna i titoli di coda, ma i nomi di una decina di detentori di diritti sfilano troppo veloci. Illeggibili.
E così quella canzone te la dimentichi di nuovo. O ti ricordi soltanto un motivo, una stupida frase centrale che inacidisce nella memoria. Come aveva potuto sembrarti dolce-amara quanto la tua giovinezza perduta? Certo, quel che mancava nel tuo ricordo era il cuscino di armonia vocale che la voce solista introduceva e sottraeva e la cascata degli archi, il vibrante borbottio del basso, il groove, tutto così datato, così perfetto. Quel che manca, poi, è anche la storia, il contesto, lo spazio in cui la canzone viveva. Per non dire dell'impossibilità di procurartela, di spendere, diciamo, 34,99 dollari per un doppio cd. Va bene. Non muore nessuno se non segui la traccia. In un mondo di incertezza si può essere ragionevolmente certi del fatto che questa canzone dimenticata ha persino meno bisogno di te di quanto tu non ne hai di lei.
Jonathan Lethem
Da: La fortezza della solitudine (2003)
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