Ti svegliavi sempre verso le cinque. Una notte sei uscito. Siccome sei rimasto fuori a lungo sono venuta a vedere. Faceva molto freddo, vedevo l’alito uscirti di bocca. C’era una quantità immensa di stelle, come da noi non se ne vedono mai, un mare di altri mondi a distanza infinita, segni, figure, scrittura in quell’incredibile silenzio. Dopo un po’ ho osato domandarti cosa c’era, e tu mi hai detto che ogni notte c’era un momento in cui non volevi più vivere. Volevi essere ironico ma non ci sei riuscito. Avevi paura di quel momento perché sapevi che si ripresentava sempre. Sentivo l’angoscia nella tua voce, ma non mi ingannavi. Non allora e non ora. Spaventato nel buio. E poi hai detto una cosa che non ho dimenticato mai. Le volpi vengono di notte. Una volta, quando eri ancora un bambino, te l’aveva detto tua nonna, e tu l’avevi sempre tenuto a mente. Anche io. Siamo rimasti lì a lungo, avrei voluto dire ancora qualcosa, ma non mi veniva in mente niente. Volpi. Quando ti sei addormentato le ho viste, le ho sentite. Annusavano, mordicchiavano la tenda, fruscii, borbottii, un ansare sommesso, unghie contro la tela, fauci socchiuse, riuscivo a vedere i loro denti aguzzi, gli astuti musi allungati, la loro forma leggera come un’ombra sulla tenda. Le udivo discorrere. Mi credi? Quante fossero non lo so. Dopo d'allora non le ho più viste, ma sapevo che le avevi sempre con te.
Cees Nooteboom
Da: Le volpi vengono di notte (2009)
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