Fernando Aramburu - Patria (2016)
Due famiglie basche, già molto unite, si ritrovano su fronti opposti allorché un membro dell'una abbraccia la lotta armata e uno dell'altra è vittima della stessa: il primo, Joxe Mari, milita nell'ETA (Euskadi Ta Askatasuna, Paese basco e libertà), un'organizzazione di stampo marxista-leninista (attiva dal 1959 al 2011) votata “con ogni mezzo” all'indipendenza del popolo basco (a conti fatti è ritenuta responsabile dell'uccisione di oltre 800 persone); il secondo, Txato, è un piccolo imprenditore dapprima taglieggiato e poi colpito dalle pallottole dell'organizzazione, con Joxe Mari coinvolto direttamente nell'agguato mortale.
Il romanzo è buono, di ampio respiro, capace sia di rivisitare nel suo complesso una fase drammatica della storia spagnola (letta oggi, nel momento della crisi catalana...) sia di approfondire la dimensione privata di un singolo tragico episodio; la scrittura, poi, è apprezzabile per semplicità curata e immediatezza. Il neo è la ponderosità del volume: condensato in metà delle 626 pagine, credo che “Patria” sarebbe stato un romanzo più riuscito ancora.
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