martedì 17 aprile 2012

Rondini sul filo


Michele Mari - Rondini sul filo (1999)


Il protagonista, io narrante, è un tal… Michele Mari, tormentato gravemente  da “gelosia retrospettiva”, cioè rivolta verso gli uomini che la sua donna ha avuto prima di lui: il suo è un lungo monologo, uno sfogo potenzialmente liberatorio - ma è un’illusione - fatto di pensieri svolazzanti all’impazzata, come rondini, e di parole che si fissano poi sulla carta, formalmente ordinate, come quelle stesse rondini posatesi sul filo. (Questa, credo, l’interpretazione del titolo, al di là del riferimento esplicito al quadro di Ligabue “Le rondini sul filo”.)
“Parlando tanto del passato lo ingigantisco, in un certo senso lo creo (…) c’è niente come l’incertezza per tormentarmi, l’indistinto del vago… che allora ci penso io a riempirlo di orrori quel vuoto.” (…) “Nel retrospettivo sei fritto! gliela modifichi più la sua abbienza!” (…) “Riscrivo il passato, faccio tornar tutti i conti, è narrativa anche questa…”
Siamo nel patologico, il narratore ne è ben conscio. “La diagnosi presto detta, nevrosi ossessiva con spiccata tendenza iterativo-compulsiva e presenza di aspetti psicotici.” (…) “Il dottore ha detto che ho solo razionalizzazioni e pulsioni, quel che sta in mezzo mi manca! l’articolazione-modulazione delle emozioni, mistero! o magma o cristallo, è lo squilibrio! l’orrore vi dico!”
La storiaccia del Mari protagonista tiene avvinto il lettore - costantemente, anche nelle pagine più strampalate -, poi lo molla di brutto, senza un finale: ma non importa, il Mari scrittore la racconta alla grande - con stile personalissimo, sapienza e ironia -, è questo che conta.

(Agli amici... lo consiglio... Avvertenza, però: "Il romanzo è decisamente sui generis".)

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