mercoledì 3 giugno 2015

Leggiamo...

Leggiamo per arrivare alla fine, per amore della vicenda. Leggiamo per non arrivarci, per amore della lettura in sé. Leggiamo seguendo una traccia, come segugi, dimentichi di tutto ciò che ci circonda. Leggiamo distrattamente, saltando le pagine. Leggiamo con disprezzo, con ammirazione, con negligenza, con rabbia, con passione, con invidia, con desiderio. Leggiamo nell'impeto del piacere immediato, senza sapere quanto potrà durare. "Che cos'è questa emozione?" si chiedeva Rebecca West dopo aver letto Re Lear. "Che rapporto c'è tra i capolavori letterari e la mia vita, che cos'hanno per rendermi così felice?" Non lo sappiamo; leggiamo con ignoranza. Leggiamo con lenti, morbidi movimenti, come se fluttuassimo nello spazio, senza peso. Leggiamo pieni di pregiudizi, con malignità. Leggiamo generosamente, trovando buone scuse per le pecche del testo, colmando insufficienze, correggendo errori. E talvolta, quando gli dei sono propizi, leggiamo col fiato mozzo, rabbrividendo, come qualcuno "camminasse sulla nostra tomba", come se la nostra memoria avesse improvvisamente riportato alla luce un ricordo sepolto chissà dove, facendoci riconoscere qualcosa che non sapevamo fosse lì, o che avevamo solo vagamente intravisto, come un'ombra sfuggente, uno spettro che scompare prima che possiamo rendercene conto, lasciandoci più maturi e più saggi.

Alberto Manguel

Da: Una storia della lettura
(A History of Reading, 1996)

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