Soltanto i giovani hanno di questi momenti. Non intendo dire i giovanissimi. No. I giovanissimi, per essere esatti, non hanno momenti. È privilegio della prima gioventù vivere in anticipo sui propri giorni, nella bella continuità di speranze che non conosce pause né introspezione.
Uno chiude alle spalle dietro di sé il cancelletto della fanciullezza - ed entra in un giardino incantato. Là persino le ombre rilucono di promesse. Ogni svolta del sentiero ha un suo fascino. E non perché sia una terra tutta da scoprire. Si sa bene che l’umanità intera l'ha percorsa in folla. È la seduzione dell’esperienza universale, da cui ci si attende una sensazione singolare o personale: un po’ di sé stessi.
Si procede riconoscendo i traguardi raggiunti dai nostri predecessori, eccitati e divertiti, accettando la buona e la cattiva fortuna insieme - le rose e le spine, come si dice -, la variopinta sorte comune che tiene in serbo tante possibilità per chi le merita o, forse, per chi è fortunato. Sì. Si procede e il tempo pure procede - finché si scorge di fronte a sé una linea d’ombra che ci avverte che bisogna lasciare alle spalle anche la regione della prima gioventù.
È il periodo della vita in cui possono capitare di quei momenti cui ho accennato. Che momenti? Ebbene, momenti di tedio, di stanchezza, di scontento. Momenti di irriflessione. Parlo di momenti in cui chi è giovane è incline a commettere atti inconsulti, come sposarsi all’improvviso o abbandonare un lavoro senza motivo.
Da: Joseph Conrad - La linea d'ombra (1917)
(Trad. Flavia Marenco)
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