martedì 23 agosto 2011

Vita (di Keith)


Keith Richards - Life* (2010)
(* ovvero "life", elle minuscola)


A casa di nonno Gus vedeva la chitarra poggiata sul piano verticale.
«“Ehi, quando sarai grande abbastanza, ti lascerò fare un tentativo,” mi diceva. Solo dopo la sua morte scoprii che la tirava fuori e la metteva in bella vista se sapeva che gli avrei fatto visita. In un certo senso, mi stava tentando. Mi teneva d’occhio, credo, perché mi aveva sentito cantare. Quando partiva una canzone alla radio, ci univamo tutti in coro; era una nostra abitudine. Una marmaglia di cantanti.
Non ricordo quando tirò giù la chitarra e disse: “Ecco”. Avrò avuto nove o dieci anni, dunque ho iniziato abbastanza tardi. Una chitarra classica spagnola con corde di budello, una dolce, amabile fanciulla. Peccato che non sapessi che accidenti farmene. Quell’odore. Ancora adesso, quando apro la custodia di una vecchia chitarra di legno, mi viene voglia di scivolarci dentro e chiudere il coperchio. Gus non era esattamente un chitarrista, ma conosceva le basi. Mi mostrò i primi lick, la posizione degli accordi maggiori, il re e il sol e il mi. Mi disse: “Se sai suonare
Malagueña, sai suonare qualsiasi cosa”. Quando infine aggiunse: “Credo che tu ci stia prendendo la mano”, ero bello felice.»
E poi... tutto il resto: Keith - a più dimensioni - e gli Stones - scena e retroscena -, in un’autobiografia imperdibile.

(Agli amici... lo consiglio.)

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