Londinese, padre italiano, la cantautrice e chitarrista Anna Calvi ha pubblicato quest'anno il suo primo album - titolo... "Anna Calvi", nulla di più -, molto raffinato e originale. Questa "No More Words", eseguita "live in Paris", è particolarmente ricca di suggestioni.
Brian Robson Rankin, in arte Hank Marvin, compie oggi 70 anni! Tra pochi giorni, il 2 novembre, ne avrà 70 anche l'amico Bruce Welch (auguri pure a lui, fin d'ora). Chi sono? Come… chi sono? Il chitarrista solista e il chitarrista ritmico di “The Shadows”, no?
Va be’, un po’ di storia.
Newcastle, Inghilterra. Verso la metà degli anni ’50 i due amici, classe 1941, strimpellano le chitarre in un gruppo chiamato “The Railroaders”; nel 1958 si spostano a Londra e fondano con altri tre musicisti un nuovo gruppo, “The Five Chesternuts", che debutta con un45 giri.
In quello stesso 1958 il cantante diciottenne Cliff Richard è impegnato in una serie di esibizioni con i suoi “The Drifters”; dopo un primo disco promettente, Richard e il suo manager decidono di elevare la qualità del gruppo avviando alcune sostituzioni tra i musicisti: contattano e ingaggiano l'emergente diciassettenne Hank Marvin, chitarra solista, e questi impone l'amico Bruce Welch, chitarra ritmica; si aggiunge a breve un nuovo bassista, il diciannovenne Jet Harris*, e con questi apporti “Cliff Richard & The Drifters” producono un secondo disco, ben accolto. All’inizio del 1959 le sostituzioni si completano con un nuovo batterista, il giovanissimo - non ancora sedicenne - Tony Meehan*.
Il nome “The Drifters” deve però essere cambiato, causa l’omonimia con un gruppo americano, e viene scelto il nome - proposto da Harris - “The Shadows”: perché i riflettori sono sempre decisamente puntati sul cantante, un Cliff Richard ormai lanciato, mentre i suoi musicisti se ne stanno dietro, come 'ombre'. Ma i quattro iniziano a dedicarsi, oltre che all'accompagnamento della voce solista, anche ad un nuovo genere esclusivamente strumentale, molto attento alla purezza dei suoni, che esplode nel 1960 con il brano “Apache” e che si impone nei primi anni '60, lasciando un'impronta fondamentale e indelebile: “The Shadows”, il più grande gruppo inglese dell'era pre-Beatles, sono nella storia della musica sia come prima formazione elettrica con “chitarra solista, chitarra ritmica, chitarra basso e batteria”, sia come gruppo fortemente innovatore del sound, per merito prevalente di Hank Marvin e della sua chitarra Fender, un Marvin padre riconosciuto di molti eredi, primi fra tutti Eric Clapton e Mark Knopfler.
(*Tony Meehan, precocemente sostituito negli Shadows da Brian Bennett, è morto nel 2005; Jet Harris, pure sostituito poi da altri bassisti, è morto nel marzo di quest'anno.)
Il primo video, del 1961, è di qualità rara, per l'epoca, in quanto tratto da un film, "The Shadows": qui Marvin, Welch, Harris e Bennett suonano e 'interpretano' - con le loro caratteristiche movenze - "The Savage".
The Shadows - "The Savage" (1961)
"The Shadows" hanno fatto a distanza le loro belle reunion, da soli o con il 'sempre giovane' Cliff Richard. Nel secondo video, "Apache", la grande hit del 1960, è eseguita 'live' da Marvin, Welch e Bennett, con Mark Griffiths al basso e Cliff Hall alle tastiere.
La cantautrice neozelandese Brooke Fraser aveva inserito questa "Coachella" - canzone carina, molto curata - nell'album "Flags", del 2010. Di quest'anno sono il singolo e il video.
Brooke Fraser - "Coachella", da "Flags" (2010, video 2011)
Si verificano di rado momenti in cui (...) capita ai musicisti di sfiorare insieme qualcosa di più dolce di quanto abbiano mai raggiunto in prova o in concerto, qualcosa che va al di là della collaborazione e della competenza tecnica, momenti in cui la loro espressione si fa sciolta e armoniosa come l'amicizia o l'amore. È quando ci regalano un assaggio di quello che potremmo essere, della parte migliore di noi stessi, e di un mondo impossibile nel quale diamo agli altri tutto ciò che abbiamo, senza perdere nulla a nostra volta. Esistono, nel mondo reale, progetti dettagliati, idee visionarie di reami della pace, di conflittualità risolte, felicità per tutti, sempre: miraggi per i quali la gente è disposta a morire e a uccidere. Il regno di Cristo sulla terra, il paradiso della classe operaia, lo stato islamico ideale. Ma solo nella musica, e solo in rare occasioni, il sipario si alza davvero su questo sogno di assoluta comunione il cui incantesimo ci illude prima di spegnersi nelle sue ultime note.
Da: Ian McEwan - Sabato (2005)
(Trad. Susanna Basso)
(Post n° 100 del Frabeblog: letteratura e musica, in bell'amalgama.)
Come preannunciato in precedente post, l'ultimo album di Ryan Adams, "Ashes & Fire", è uscito lo scorso 11 ottobre. È disponibile un video ufficiale di "Lucky Now", un pezzo prodotto anche anticipatamente come singolo, dedicato alla memoria del bassista dei Cardinals Chris Feinstein, morto nel 2009. Nel secondo video la title-track "Ashes & Fire" è eseguita 'solo-live' in studio. Un doppio Ryan molto classico, intimista.
Elena Varvello - La luce perfetta del giorno (2011)
Elena Varvello si era espressa bene nel racconto (“L’economia delle cose”, 2007), cioè là dove si gioca su uno spunto, una situazione. Qui, nel suo primo romanzo, i risultati sono decisamente inferiori alle aspettative. Al di là della trama, che si dipana tra una sventura e l’altra, al di là dei dialoghi, spesso decisamente deboli, e delle iperboli, fastidiose ma fuggevoli, quello che pesa maggiormente è l’ossessiva rappresentazione degli eventi in scenari, reali e metaforici, di contrasto tra luce (con le varie connotazioni di “intensa”, “calda”, “morbida”, “dorata”, “abbagliante”… “perfetta”!) e buio (con relativi “fantasmi”, naturalmente); insomma, una ridondanza davvero sfinente di "macchie", “pozze”, “lame”, “arabeschi” di luce, che spezzano tenebre minacciose, perennemente incombenti. La vita può essere vista così, come alternanza di bianco e nero - “il giorno, la notte e poi di nuovo il giorno”, e con l'alba la nuova speranza... -, ma qui siamo all’esasperazione, ad un dualismo di contrasti estremi che finisce con l’impoverire: l’eccesso di luce e il buio annientano parimenti i colori della vita.
Ed Sheeran, vent'anni, sta 'trafficando' nell'ambiente musicale già da parecchio, ma la sua esplosione è recente: con "The A Team", in U.K. "miglior singolo di debutto nel 2011", e con l'album "+" che la contiene è ai vertici delle classifiche inglesi. Il 'rosso delicato' sta andando molto forte anche in Irlanda, nazione di provenienza della famiglia.
Romain Gary - La promesse de l'aube (1960) / La promessa dell'alba
Autobiografia splendida: Gary si racconta diffusamente (fino ai quarantaquattro anni d’età), a partire dal preciso momento della promessa fatta alla madre da ragazzo - al tempo dell’alba - di combattere con tenacia, forte del suo sostegno, le battaglie necessarie per emergere, per diventare “un campione” e renderle così meritata giustizia, ripagandola finalmente delle durezze estreme della vita.
La narrazione di Gary, densa di fatti e riflessioni, intrisa costantemente d’ironia, procede in maniera sempre molto avvincente - con la madre nel ruolo di spettacolare coprotagonista -, e si conclude con due parole, semplici e forti, cariche evidentemente di significati positivi, che tutti vorremmo dire per ultime: “ho vissuto”.
"Take A Back Road" è un bel pezzo country classicheggiante di Rodney Atkins: uscito come singolo qualche mese fa e salito al primo posto delle classifiche americane di settore, ora è la title-track dell'album del cantante, rilasciato il 4 ottobre scorso e pure accolto subito molto bene. La canzone parla di una certa strada e Rodney è uno che se ne intende: i fatti dicono che negli ultimi tempi lui ha preso decisamente quella giusta.
Non sembra - e loro stessi giocano un po' sull'ambiguità, quanto alle origini -, ma sono italiani. È un dettaglio effettivamente insignificante, però: questo tipo di musica - come qualche altro 'più nobile' - oggi non ha confini. Da Vercelli, la città dei "Soldiers...", si può guardare, suonando e cantando, al vasto mondo: e questa "Italian band"... lo fa pure bene.
Soldiers Of A Wrong War - "Save Me", da "Lights & Karma" (2011)
Cerco perle: nei libri. Da serbare, e farne tesoro.
In "L'uomo in bilico", di Saul Bellow, ho trovato queste:
Il mondo è buono e cattivo, e perciò né buono, né cattivo.
Conosciamo noi stessi troppo bene per non condividere la cattiva opinione che gli altri hanno di noi.
I guai, come il dolore fisico, ci rendono acutamente consapevoli del fatto che viviamo, e quando nella vita che conduciamo c’è poco che ci prenda, ci attiri, ci agiti, noi li cerchiamo e li accarezziamo, preferendo impacci e sofferenze all’apatia.
Il potere dell’uomo è troppo piccolo per porsi contro l’irresolvibile. La nostra natura, la natura della mente, è debole e si può contare soltanto sul cuore.
Noi siamo pigri. Quando lo sembriamo è perché le nostre speranze anticicloniche sono andate deluse e l’orgoglio esige che ci si mostri indifferenti.
Le alternative, in particolare quelle desiderabili, crescono solo su alberi immaginari.
È la nostra incapacità di essere liberi che ci fa stanchi della vita.
Forse noi siamo i figli idioti degli angeli.
"L'uomo in bilico" (1944), di Saul Bellow (1915-2005), trad. Giorgio Monicelli
Notizia inattesa: anche un grande come McEwan può deludere. Ci riesce inventando una storia strampalata, con uno squallido protagonista - un Nobel per la Fisica affatto credibile -, e adottando per la prima volta nella sua scrittura - irriconoscibile, per quanto sembra 'normale' - la chiave comica: con risultati completamente negativi, perché tutto è molto ridicolo... ma non c'è proprio niente da ridere. (Nel romanzo, occorre dire, viene trattato anche un tema forte e serio, quello dell’ambientalismo: che però, inserito in un contesto così poco coinvolgente, perde gran parte della sua valenza.) Insomma, un passo falso da dimenticare in fretta: si attende con fiducia di ritrovare McEwan.
Il 21 novembre prossimo uscirà il nuovo album di Chris Cornell, dal titolo "Songbook". Dopo la sbandata elettropop di "Scream" (2009), il singolo "The Keeper", composto per la colonna sonora del film "Machine Gun Preacer", promette il gradito ritorno a sonorità rock tradizionali: quelle capaci di esaltare, nei brani soft - come "The Keeper" -, la sensualità interpretativa del duttile Chris.
L'autunno è arrivato e ha già incominciato a preparare il letargo del mondo. Le mosche e tutte le altre bestiole hanno già ricevuto il colpo di grazia. Sugli alberi e sulla terra la vita guizzante combatte, frusciando e strisciando senza posa, l'ultima battaglia: non vuol perire. Tutti gli esseri dell'aria e della terra si agitano ancora una volta: si tratta di vita o di morte. Ancora una volta sporgono la testa gialla dai licheni, ancora una volta muovono le gambe, tastano l'aria con le lunghe antenne e crollano poi improvvisamente rovesciandosi col ventre in su. Ogni pianta ha preso un suo volto particolare sotto il soffio diafano e sottile dei primi freddi. Gli steli si rizzano pallidi verso il sole e le foglie cadute raschiano il terreno con il rumore sommesso di filugelli che si muovono. È tempo d'autunno, il carnevale della caducità.
In principio Dio creò la Terra, e la rimirò, nella Sua solitudine cosmica.
E Dio disse: "E ora creiamo esseri viventi dal fango, così che il fango veda cosa abbiamo fatto".
E Dio creò tutti gli esseri viventi che or sulla Terra si muovono, e uno era l'uomo. Soltanto in forma d'uomo il fango poteva parlare. Dio si chinò, mentre il fango in forma d'uomo si levava a sedere, si guardava intorno e parlava. L'uomo sbattè gli occhi. "Qual è lo scopo di tutto questo?" chiese educatamente.
"Perché, tutto deve avere uno scopo?" chiese Dio.
"Certamente" rispose l'uomo.
"Allora lascio a te il compito di trovarne uno per tutto questo" disse Dio. E se ne andò.
Da: Kurt Vonnegut - Ghiaccio-nove (1963)
(Trad. Delfina Vezzoli)
Pezzo dal sapore classico, nel quale spicca la voce imperiosa di Jay Buchanan: Rival Sons (from Los Angeles) si pongono sulla scia dei grandi gruppi hard rock del passato.
Rival Sons - "Pressure and Time", da "Pressure & Time" (2011)
Colum McCann - Let the Great World Spin (2009) / Questo bacio vada al mondo intero
Questo di Colum McCann è il bel romanzo che gli è valso il National Book Award 2009. Contiene una serie di storie legate insieme da uno stesso episodio realmente accaduto a New York, nell’estate del 1974: la strabiliante passeggiata di un funambolo su un cavo teso tra le sommità delle Twin Towers. Sono storie di persone e ambienti messe lì come quadri di una galleria rappresentativa di quella metropoli che - il passato scarno, il futuro incerto - “vive in un presente costante”: una metropoli spesso oscura, opprimente, una sorta di grandissimo tunnel con appena una luce lontana sul fondo… Poi, all’improvviso, “lassù, quella sagoma spettrale, quell’inerzia scura contro il cielo, un minuscolo trattino davanti all’immensità”: eccolo dunque un modo per elevarsi al di sopra delle quotidiane bassezze! Ma ce ne sono altri, anche meno acrobatici: fantasia, equilibrio, impegno, coraggio, e ognuno può levitare a modo suo.
I virtuosi - chitarristi rock, nello specifico - spesso esagerano: partono con i loro funambolismi e se ne vanno per la tangente, a suonarsela da soli, persi nel nulla. Richie Kotzen no: lui si mantiene al di qua, entro il limite, trattenuto da un giro armonico tradizionale, orecchiabile, nonché - questa è la sensazione, che le immagini rinforzano - da una buona dose di ironia. Così, in "24 Hours", il pezzo che anticipa il nuovo album omonimo in uscita l'11 novembre p.v., la schitarrata acrobatica (quella, in particolare, tra 2:23 e 3:15) ci sta proprio bene: Richie Kotzen è un virtuoso che arricchisce.
Questo piccolo blog è nato il 30 giugno u.s.: ieri ha dunque compiuto tre mesi. C'è un dato, sorprendente, che testimonia senz'altro la potenza della rete ben più che la qualità del blog in sé: quello relativo alla provenienza dei visitatori. Già, perché coloro che in questi mesi hanno dato un occhio a Frabeblog l'han fatto da questi dieci paesi, elencati in ordine di frequenza:
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