Martin Amis - The Information (1995) / L'informazione
Il romanzo ha un incipit ammaliante*, ma poi offre una sequela di facezie e gratuità (qualcuno ha parlato "linguaggio elettrico"...) che non ho affatto gradito, e che sembrava pure interminabile... Ma i libri finiscono, come ogni cosa: talvolta con grande sollievo.
*Lo riporto, l'incipit ingannatore, quale ammonimento (attenti alle sirene!):
"Le città di notte contengono uomini che piangono nel sonno, poi dicono Niente. Non è niente. Solo un sogno triste. O qualcosa del genere... Passa rasente sulla nave del pianto, con i radar delle lacrime e le sonde dei singhiozzi, e li scoprirai. Le donne - e possono essere mogli, amanti, muse macilente, pingui nutrici, ossessioni, divoratrici, ex, nemesi - si svegliano, si girano verso questi uomini e domandano, con femminile bisogno di sapere: - Che cosa c'è?
E gli uomini dicono: - Niente. No, non è niente davvero. Solo un sogno triste.
Solo un sogno triste. Ma certo. Solo un sogno triste. O qualcosa del genere."
Ho già dedicato un paio di post agli Incubus e al loro ultimo lavoro "If Not Now, When?", ma sono talmente bravi che ci sta pure il terzo, e pure bello ricco: con tre esibizioni live in studio, molto godibili. NB: C'è solo un'avvertenza importante: occorre alzare decisamente l'audio, di per sé bassino, per poter gustare la musica appieno, in ogni suo dettaglio...
Dopo oltre quarant'anni di carriera, i canadesi Rush sono sempre molto attivi: nei due anni passati hanno portato avanti il lunghissimo "Time Machine Tour", da cui il video concerto "Live in Cleveland" (2011) che contiene il grande pezzo (del 1981) "Tom Sawyer".
Rush - "Tom Sawyer" (live, 2011)
Nel giugno prossimo uscirà l'ennesimo album di studio dei Rush "Clockwork Angels": il ventesimo, per l'esattezza; contiene anche questa "Headlong Flight", qui in "lyric video".
Soltanto i giovani hanno di questi momenti. Non intendo dire i giovanissimi. No. I giovanissimi, per essere esatti, non hanno momenti. È privilegio della prima gioventù vivere in anticipo sui propri giorni, nella bella continuità di speranze che non conosce pause né introspezione.
Uno chiude alle spalle dietro di sé il cancelletto della fanciullezza - ed entra in un giardino incantato. Là persino le ombre rilucono di promesse. Ogni svolta del sentiero ha un suo fascino. E non perché sia una terra tutta da scoprire. Si sa bene che l’umanità intera l'ha percorsa in folla. È la seduzione dell’esperienza universale, da cui ci si attende una sensazione singolare o personale: un po’ di sé stessi.
Si procede riconoscendo i traguardi raggiunti dai nostri predecessori, eccitati e divertiti, accettando la buona e la cattiva fortuna insieme - le rose e le spine, come si dice -, la variopinta sorte comune che tiene in serbo tante possibilità per chi le merita o, forse, per chi è fortunato. Sì. Si procede e il tempo pure procede - finché si scorge di fronte a sé una linea d’ombra che ci avverte che bisogna lasciare alle spalle anche la regione della prima gioventù.
È il periodo della vita in cui possono capitare di quei momenti cui ho accennato. Che momenti? Ebbene, momenti di tedio, di stanchezza, di scontento. Momenti di irriflessione. Parlo di momenti in cui chi è giovane è incline a commettere atti inconsulti, come sposarsi all’improvviso o abbandonare un lavoro senza motivo.
Uscirà il prossimo 5 giugno "Americana", il nuovo album del grande Neil Young con la sua storica band Crazy Horse (e con la partecipazione di un coro di bambini): è composto interamente da brani del folclore americano più classico, peraltro ampiamente rivisitati o, per dir meglio, rigenerati. Questa è "Clementine" (Oh my darling Clementine...).
Neil Young and Crazy Horse - "Clementine " (da "Americana", 2012)
Andre Dubus - Voices from the Moon / Voci dalla luna (1984)
Incantevole. Romanzo breve o racconto lungo che sia, “Voci dalla luna” narra un frammento di vita - appena un giorno - di una mezza dozzina di persone: un uomo di mezza età, i tre figli, la ragazzina amica del più giovane - e fragile -, l’ex moglie - un po’ a lato nella storia -, la nuova, giovane donna dell’uomo… già sposa inquieta del figlio maggiore. La trama non va raccontata, è chiaro - il libro va letto -, e però si può dire che è un succedersi di momenti, preziosi - come una piccola galleria di quadri -, nei quali più dei fatti valgono le emozioni, amplificate grandemente dalla narrazione di Dubus, intensa ed essenziale al contempo: prosa ricca di poesia. Incantevole.
Andy Fraser era il grande bassista dei grandi Free: quando il gruppo inglese si formò, nel 1968, non aveva ancora 16 anni; avviò subito anche l'attività di compositore, oltre che quella di strumentista: il pezzaccio dei Free, "All Right Now", che venne poi nel 1970, è firmato - come tanti altri - Paul Rodgers (testo) e Andy Fraser (musica). Di questa hit storica del gruppo inglese sono disponibili vari video, spesso manipolati, alcuni anche molto spettacolari - come quello del famoso concerto all'isola di Whigt: ma io preferisco questo, bello genuino, con Andy che se ne sta lì paziente nella prima parte del "suo" pezzo e poi entra con la famosa linea di basso, semplice e però micidiale...
Free - "All Right Now" (live, 1970)
Dopo la breve stagione dei Free, Andy Fraser continuò con minore notorietà la carriera di strumentista e compositore. Fino ad arrivare ai tempi recenti: nel 2008 è stato autore e interprete della canzone di sostegno a Barack Obama nella campagna presidenziale e nel 2010 di un brano fortemente impegnato sui temi della salvaguardia ambientale.
Andy Fraser - "This Is The Big One" (da "On Assignment", 2010)
C'è da poco nelle sale cinematografiche - ed è già campione d'incassi - "The Avengers", un film che non ho visto né vedrò (a ognuno i suoi gusti). Però devo dire che ha una colonna sonora notevole (per chi ama il rock, s'intende...): intanto c'è un pezzo nuovo nuovo dei Soundgarden, la storica band ricostituitasi nel 2010 dopo quasi tredici anni di separazione, e se si tratta di gustare ancora all'opera, in questa "Live To Rise", Chris Cornell e i vecchi soci, ci si può anche sorbire nel video qualche scena del film...
Soundgarden - "Live To Rise" (2012)
In "The Avengers" c'è poi questa "Comeback" dei Redlight King - gruppo capitanato dal canadese Mark Kasprzyk, detto Kazzer (!) - dal loro album del 2011 "Something For The Pain": qui la band è in studio e dunque - garantito - niente visioni apocalittiche...
Redlight King - "Comeback" (da "Something For The Pain", 2011, video 2012)
E in chiusura - finalmente! - ecco le ragazze: nella soundtrack del pluricitato film ci sono pure le giovanissime, grintosissime Cherri Bomb, californiane: "Shake The Ground" è nel loro album di debutto "This Is The End Of Control", uscito ufficialmente il 15.5.'12... ieri!
Cherri Bomb - "Shake The Ground" (da "This Is The End Of Control", 2012)
Francesco Abate e Saverio Mastrofranco - Chiedo scusa (2010)
Già, si dovrebbe chiedere scusa: per il disinteresse colpevole; per tutto quello che si potrebbe fare per gli altri e non si fa; insomma, per tutto l’amore negato: che non fuoriesce e non può ritornare poi come un’eco. Ché “alla fine l’unica cosa che conta è l’amore che hai dato e quello che hai ricevuto”. O no? “Il resto è nulla.”
Bel romanzo, questo di Francesco Abate (scrittore, giornalista, disk jockey nonché... trapiantato di fegato) e Saverio Mastrofranco (che è poi Valerio Mastandrea, l’attore). Un romanzo forte, significativo, sulla malattia e sulla compassione, quella vera. (Stefan Zweig ricorda che circola più spesso quella falsa, di compassione: “l’impazienza del cuore”, quell’impulso che ti fa dare l’elemosina al povero per toglierti il disagio fugace della sua presenza sulla tua strada...) Un romanzo che ha qualche forzatura nel linguaggio, specie all’avvio, qualche iperbole di troppo: ma che poi scorre via più fluido, e prende allora, e lascia il segno.
I nordirlandesi The Answer - nel cui curriculum spiccano le aperture dei concerti di Rolling Stones, Deep Purple, Aerosmith, AC/DC, Whitesnake... - hanno realizzato nel 2011 il loro terzo album, "Revival"; per il brano "Nowhere Freeway" si sono avvalsi della collaborazione vocale di Lynne Jackaman, cantante del gruppo inglese Saint Jude.
A questo punto - dico io - Lynne Jackaman e i suoi Saint Jude meritano un approfondimento... Nel 2010 è uscito il loro unico album, "Diary Of A Soul Fiend", e "Soul On Fire" è il pezzo d'apertura: ehi, notevole! Non c'è dubbio: Lynne è brava... e i suoi pure.
Saint Jude - "Soul On Fire" (da "Diary Of A Soul Fiend", 2010)
Insieme dallo scorso anno dopo esperienze diverse, i due Pure Love sono Frank Carter, cantante inglese, e Jim Carroll, chitarrista americano; con l'aiutino indispensabile di altri strumentisti, stanno preparando il primo album e intanto debuttano con il singolo "Bury My Bones": musicalmente potrebbe sembrare un pezzo divertente, in realtà esprime insofferenza per il troppo odio che circola e quindi la voglia di allontanarsene, magari anche in via definitiva... (con tanto di disposizioni relative al seppellimento delle ossa...)
C'è chi legge per istruirsi, ed è cosa encomiabile, e chi per diletto, ed è cosa innocua; ma altri, e non sono pochi, leggono perché non possono farne a meno, e direi che ciò non è né innocuo né encomiabile. Io faccio parte di questa deplorevole categoria. Dopo un po' le conversazioni mi annoiano, le partite mi stancano, e i pensieri, spesso decantati come l'inesauribile risorsa della persona assennata, tendono a inaridirsi. Allora mi lancio sui libri come l'oppiomane sulla pipa.
Da: W. Somerset Maugham - La sacca dei libri (1932)
Tra gli Arrows (?) e Bruce Springsteen (il Boss), l'anello di congiunzione è... Joan Jett.
Forse giova ricordare che "The Arrows" (o solo "Arrows") furono una band inglese degli anni '70, nota soprattutto per "I Love Rock 'n' Roll", la grande hit composta da Alan Merrill, cantante-bassista, e da Jake Hoocker, chitarrista del gruppo, lanciata nel 1975.
The Arrows - "I Love Rock 'n' Roll" (1975)
Il pezzo ha avuto numerosissime cover: la più famosa è sicuramente quella di Joan Jett, grintosa cantante e chitarrista americana che aveva esordito - proprio nel 1975 - in un gruppo femminile, "The Runaways", e che poi nel 1981, con il nuovo gruppo "The Blackhearts", reinterpretò alla grande "I Love Rock 'n' Roll", portandola alla massima notorietà. Il pezzo, nella versione della Jett, è tra l'altro nella soundtrack di "Rock of Ages", il film tratto dal musical omonimo che uscirà nel giugno prossimo, del quale si diceva in precedente post http://frabe23.blogspot.it/2012/03/rock-of-ages.html.
(NB: il video, ingannatore, si apre con un altro pezzo... ma poi va sul giusto binario...)
Joan Jett and The Blackhearts - "I Love Rock 'n' Roll" (1981)
Nel 1987 Joan Jett interpretò un ruolo di attrice nel film "Light of Day": nella soundtrack figurava, cantata da lei, l'omonima canzone che Bruce Springsteen aveva composto per l'occasione - con un dubbio contributo della stessa Jett. Entrambi metteranno poi regolarmente il pezzo nei loro personali concerti: qui, in quest'esibizione del 2001, lo eseguono insieme, appassionatamente...
Joan Jett and Bruce Sprinsteen - "Light Of Day" (live, 2001)
Un libro che fa riflettere, certo, su quel disgraziato periodo: gli anni di piombo, o "gli anni di sangue", come li chiama più esplicitamente Cotroneo. Fa capire - specie a chi non li ha vissuti - quanto odio muoveva i protagonisti, palesi e occulti. E come dopo l'odio e il sangue sia rimasta comunque viva in questo nostro paese "la fiaccola del fascismo eterno", con i poteri veri sempre ben saldi nelle mani di pochi, dentro lo stato e fuori.
Ma fa riflettere, questo romanzo, per la sua componente saggistica: perché la storia - la trama, intendo - non emoziona. E lo stile narrativo utilizzato... ancora meno.
Dal loro ultimo album, "Between the Devil & the Deep Blue Sea" del 2011, proposi a suo tempo il video originale - chiaramente con il brano audio da studio - di "In My Blood" (http://frabe23.blogspot.it/2011/12/doppio-traguardo.html): ma i Black Stone Cherry (BSC) sono imperdibili in concerto e dunque meritano assolutamente una bella replica live. Dalla loro grande esibizione al Rockpalast di Dortmund (Germania) dell'ottobre scorso, ho scelto quelli che furono i primi due pezzi dell'album d'esordio (2006), che aveva per titolo il nome della band: Chris Robertson e soci sono fortissimi, tra i migliori hard rockers di oggi.
Black Stone Cherry - "Rain Wizard" (live, 2011)
Black Stone Cherry - "Backwoods Gold" (live, 2011)
Cercare pensieri profondi sulla morte è una cosa oscena. Indagare nella morte è sciocco e più convenzionale che tagliarsi i capelli di sabato pomeriggio. Questi specialisti della morte non li ho mai sopportati. Filosofi necrofili. Spreco d'intelligenze. E di massime fasulle. Paura e pietà, forse, sono sentimenti sufficienti e adeguati che possono ispirare il racconto privato di una morte e niente più di questo si può dire di una persona morta, che prima c'era e dopo non c'è più, a meno di disputarsi il suo cadavere in una zuffa teologica. Gli Ivan Il'ič marciano compatti verso il vuoto, affardellati di messaggi che ci commuovono torturandoci. C'è chi fa parlare i moribondi e addirittura i morti per farsi dare ragione da loro. Almeno sia per una buona causa, come quella di Dante, che ha richiamato indietro generazioni sepolte, resuscitando i suoi avversari letterari per mettere nelle loro bocche di zombie parole di pentimento. (Si tratta di un grande colpo di genio mai mandato a segno nelle manovre di guerra tra gruppi letterari, al cui confronto i manifesti futuristi sono palle di neve goliardiche: pensa, i tuoi nemici di sempre, ridotti a marionette, presi per la collottola da Dio in persona!) I morti parlanti che preferisco restano le mummie di Federico Ruysch. Guai a prendere sul serio la loro lugubre lagna. Quella bassa filosofia non va disgiunta dall'immaginazione del coro incartapecorito (B-movie dell'orrore) che schiamazza come a una tavolata d'osteria, con Federico incavolato sulla porta che solleva la lampada per scoprire chi sta facendo chiasso nel suo studio. Le figurine degli scheletri nelle feste messicane... Anche loro danno ragione a Giacomo Leopardi. La morte è oscena e semplice, un sibilo.
Da: Edoardo Albinati - Vita e morte di un ingegnere (2012)
Erri De Luca - I pesci non chiudono gli occhi (2011)
Erri De Luca rivisita i suoi dieci anni, quelli di un’estate di “metà secolo fa”: ricorda l’impaccio del corpo bambino, dentro il quale pensieri ed emozioni si facevano importanti, da giovane uomo; e la vita che da fuori premeva, chiamando in gran fretta alla maturità; e il confronto con gli altri, per solito competitivo, ma anche la scoperta, un giorno, che tra questi stava una persona del tutto diversa, più bella e più dolce, che induceva un'emozione nuova.
De Luca racconta i dieci anni e a tratti si spinge anche un poco più in là, nel suo futuro in gran parte segnato: ché chi è nato a Napoli, dice, ha comunque un destino già “in dote, metà zavorra e metà salvacondotto”; narra, De Luca, con frasi brevi e pregnanti, come piccoli grumi: forse eccede talvolta nelle coloriture, ma è capace di cogliere sempre l’essenza delle cose, spogliata con accuratezza del superfluo ed esaltata quindi massimamente.