Meglio che le cose reali siano incontrollabili, meglio che la propria vita sia indecifrabile e intellettualmente impenetrabile, meglio questo che sforzarsi a dare un senso e una giustificazione all'ignoto con una fantasia troppo sbrigliata.
"Algiers" è il nuovo album dei Calexico, appena uscito, ricco più che mai di mistero e di atmosfere sognanti... C'è questo bel pezzo, "Para", dal cui testo estrapolo alcuni versi:
I see you now
Through a glass wall
All that is you stays with you
All that is me stays with me
But we see it all
We feel it all
And there is no place we can’t go
Ammalianti Calexico...
Calexico - "Para" (da "Algiers", 2012)
Il brano, di ampio respiro, è stato eseguito recentemente anche con orchestra sinfonica...
Calexico con la Radio Symphonie Orchester di Vienna - "Para" (live, 2012)
Per questo secondo romanzo di Tabucchi - del 1978, recentemente ripubblicato - valgono sostanzialmente le stesse impressioni già riportate dopo la lettura di "Piazza d'Italia", che lo precedeva: troppo gioco creativo, con personaggi caricati e situazioni perlopiù paradossali, troppe forzature per voglia d’originalità. Insomma, questo degli anni ‘70 è un Tabucchi... in nuce; il Tabucchi vero - pur sempre con oscillazioni del livello letterario - sarà all’opera a partire dagli anni ’80, e in particolare dalla splendida raccolta di racconti “Il gioco del rovescio”.
Non mi entusiasma - proprio no - questa "I Believed in You", primo singolo estratto dall'album "Black Traffic" di Skunk Anansie. Però, in attesa d'altro, lo metto:
quanto meno perché... va preso atto della nuova Skin con capelli.
Skunk Anansie - "I Believed in You" (da "Black Traffic", 2012)
Di Michael Kiwanuka si parlò sul Frabeblog a gennaio, prima dell'uscita dell'album d'esordio: con il proposito di tenerlo poi d'occhio... (http://frabe23.blogspot.it/2012/01/uno-da-tenere-docchio.html). Rieccolo: che canta "I'm Getting Ready", in delicata atmosfera.
Michael Kiwanuka - "I'm Getting Ready" (live, 2012)
La forza che cerco non ha a che vedere col vincere o perdere. Non voglio un muro per respingere la forza che viene dall'esterno. Quello che voglio è la forza per ricevere gli assalti che arrivano, e sopportarli. L'ingiustizia, la sfortuna, la tristezza, i malintesi, le incomprensioni. Voglio la forza per sopportare tranquillamente tutte queste cose.
Da: Haruki Murakami - Kafka sulla spiaggia (2002)
(Trad. Giorgio Amitrano)
Gli ottimi svedesi Graveyard
eseguono "Uncomfortably Numb",
bel pezzo il cui titolo è un chiaro rimando
alla storica "Comfortably Numb" dei Pink Floyd.
Philip Roth - Exit Ghost (2007) / Il fantasma esce di scena
Philip Roth parla qui di letteratura, di politica e - ostinatamente, anche in veneranda età - di eros; ma il tema centrale - come già in “Everyman” - è quello della vecchiaia: con il decadimento e la malattia che per solito ne costituiscono il leitmotiv, con la necessità sempre più evidente di dover “vivere al meglio delle proprie incapacità”, con la tendenza ad adottare spesso di fronte ai problemi “la soluzione senile: lasciar perdere”. I vecchi sono i “non più” - dice Roth - contrapposti ai giovani, i “non ancora” che si aspettano molto dalla vita ma che “non hanno ancora capito con quale rapidità le cose prenderanno un’altra piega”.
Ai vecchi rimane comunque, volendo, la curiosità di sapere se c’è ancora qualcosa da scoprire, specie sul proprio conto, giacché “forse le scoperte più potenti sono riservate all’ultimo”, e poi di vedere come finirà... anche se - teme Roth - la faccenda sarà probabilmente banale: si morirà "come moriamo tutti: da volgari dilettanti”.
I quattro Pablo Cafè, friulani di Codroipo (UD), iniziano così, a mollo nel Tagliamento, con un ospite al sax che li raggiunge in acqua. (Un tastierista è nascosto nei paraggi: lui no, dice che non si voleva proprio bagnare.) Suoni e voce sono belli schietti, senza fronzoli: qui, dichiaratamente, si bada all'essenziale, all'indispensabile, in musica come nella vita...
Forse il mondo è strano per un bambino, ma egli non lo teme allo stesso modo in cui lo teme un uomo. Egli se ne stupisce, mentre l'uomo adulto soprattutto lo teme. E perché? Per via della morte. Così egli fa in modo d'essere portato via, come un bambino. E in questo modo quello che succede non sarà sua colpa. E chi è questo rapitore, questo zingaro? È la stranezza della vita, una cosa che rende la morte più remota, come in fanciullezza.
Cantante-musicista americana emergente, ZZ Ward non ha alcun legame con i barbuti ZZ Top: semplicemente ha contratto ai fini artistici il suo nome, Zsuzsanna Eva Ward, troppo complicato. In attesa del suo primo album, annunciato per il prossimo 16 ottobre, ora c'è questo pezzo... ("Giù la pistola!", d'accordo. Anzi, di più: "Giù tutte le armi, please!")
Don DeLillo - Falling Man (2007) / L'uomo che cade
L’Undici Settembre è un insieme di fatto - gli aerei contro le torri, il crollo -, antefatto - la preparazione del clamoroso, terribile evento - e conseguenze - il vuoto, soprattutto, quello chiamato Ground Zero e quello apertosi dentro le persone coinvolte a vario titolo. DeLillo racconta tutto questo mediante pezzi di storie, volutamente sparsi, smembrati come brandelli di corpi dilaniati dall’esplosione o sfracellati dopo un tuffo a capofitto: una forma espressiva caratterizzata, dunque, da disarticolazioni tipiche della narrativa postmoderna, qui particolarmente giustificata, appropriata, coerente con la sostanza del narrato. Il disagio del lettore, al quale sta il compito di legare, ricomporre, colmare, talora disturba; ma il disagio vero, costante, necessario, è quello indotto dalle tematiche di fondo: la ‘lucida’ follia del fanatismo e i suoi esiti assurdi, spesso criminali.
I credenti dovrebbero ormai sapere in cuor loro che, quand'anche avessero ragione e davvero esistesse un Dio benevolo e attento, questi, come attestano le quotidiane tragedie e tutti i morti bambini, sembra poco propenso a intervenire. Il resto di noi, fino a prova contraria, è consapevole dell'improbabilità che ci sia qualcuno lassù. Nel caso in questione, ha poca importanza chi abbia torto: a salvarci non verrà nessuno. Dovremo pensarci da soli.
Da: Ian McEwan - Blues della fine del mondo (2008)*
(*In origine: End of the World Blues, 2007 - Trad. Susanna Basso)
Romanzo atipico (Mari è atipico) sui Pink Floyd, sulla loro “anima” Syd Barrett, ben presente agli esordi e poi, dopo l’allontanamento per follia ingravescente, comunque sempre aleggiante, e sulle due anime... di secondo pelo, i “siamesi” Waters e Gilmour, al fin separati (mentre all'origine Pink Anderson e Floyd Council erano divenuti siamesi per congiunzione...); ma anche su tanti altri che qui, a vario titolo, hanno modo di dire la loro. La struttura è costituita infatti da una sorta di istruttoria, con contributi molteplici: ciò (attenzione!) rende la lettura tendenzialmente pesante... se non adeguatamente dilazionata; il tema, poi, deve chiaramente interessare (altrimenti è meglio astenersi). Nel libro c’è del vero (dati e date inoppugnabili) e ovviamente della finzione, come si sa (in narrativa) e come ad ogni buon conto preavverte esplicitamente l’autore. Colpiscono soprattutto la densità degli elementi proposti, il fine lavoro di introspezione e proprio l'originalità (che ogni volta Mari rinnova).
(Agli amici... molto interessati al binomio letteratura-musica... lo consiglio.)
Io ti ho nominato regina.
Ve n'è di più alte di te, di più alte.
Ve n'è di più pure di te, di più pure.
Ve n'è di più belle di te, di più belle.
Ma tu sei la regina.
Quando vai per le strade
nessuno ti riconosce.
Nessuno vede la tua corona di cristallo, nessuno guarda
il tappeto d'oro rosso
che calpesti dove passi,
il tappeto che non esiste.
E quando t'affacci
tutti i fiumi risuonano
nel mio corpo, scuotono
il cielo le campane,
e un inno empie il mondo.
Tu sola ed io,
tu sola ed io, amor mio,
lo udiamo.
Pablo Neruda - Da: Los versos del capitán / I versi del capitano (1952)