Giuseppe Tomasi di Lampedusa - Il Gattopardo (1958)
Nel 1860, quando arrivano Garibaldi e l'ennesimo re, i siciliani sono “vecchi, vecchissimi”, “stanchi e svuotati” per il peso che portano sulle spalle, da “venticinque secoli almeno”, “di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata” in casa; sono tanto stanchi che addirittura “il sonno è ciò che vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare”: così si esprime Fabrizio Corbera, principe di Salina, il protagonista di questo meraviglioso romanzo. L'autore - un grande siciliano, neanche a dirlo - segue poi il torpore dei suoi conterranei per altri cinquant'anni - l'ultimo capitolo è ambientato nel 1910 -, ma va ben oltre: Giorgio Bassani, nella prefazione al romanzo pubblicato postumo nel 1958, parla di “ampiezza di visione storica unita a un'acutissima percezione della realtà sociale e politica dell'Italia contemporanea, dell'Italia di adesso”, mostrando evidentemente di ritrovare anche fuori dei confini siciliani la ricorrente attitudine italica a vivacchiare, fingendo di cambiare le cose ma lasciandole in realtà troppo spesso immutate.
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