Saul Bellow - Humboldt's Gift (1975) / Il dono di Humboldt
Lettura piacevolissima: l'intelligenza e l'arguzia di un Saul Bellow al top consentono di accettarne di buon grado, in questo romanzo, la prolissità, altre volte disturbante.
Sulla scia di Von Humboldt Fleisher, poeta e pensatore geniale tramutatosi nel tempo in "pirotecnico Fallito" - soprattutto a causa di "una pazzia un bel po’ più forte" di lui -, Charlie Citrine è "la nuova Promessa": scrive ben presto una commedia di successo, ma pensa poi insistentemente a un’opera fondamentale per il genere umano, un "saggio magistrale sulla noia", e medita pure abbondantemente, ossessivamente, sulla “suprema questione, la morte”. Deve però fare i conti anche con le faccende pratiche della vita quotidiana, e ne viene ripetutamente sopraffatto: come si sa, spesso “mentre la timorosa saggezza indugia a riflettere, l’audace ignoranza ha già compiuto l’opera” (parola di Samuel Daniel). Così, ad esempio, la fascinosa Renata - l’aspetto pratico più interessante - se ne va sul più bello, stanca di troppi tentennamenti e di troppe, fumose parole: “sei come un suonatore di mandolino, tu pizzichi ogni nota dieci volte”, l'aveva ammonito, e poi s’era annoiata definitivamente (eccola, toccabile con mano, e bruciante, la fatidica noia): ché “non si perdono anni e anni tentando di affrancarsi in qualche modo imbecille dalla condizione umana”. Charlie pensa troppo - vaneggia, talvolta -, e ha pure un cuore troppo tenero: due eccessi poco compatibili con la vita concreta, spesso spregiudicata di chi gli sta intorno. Eppure, tra i tanti, c’è anche chi gli vuol bene: a suo modo, il fratello Julius, soprattutto; e c’è chi, come Humboldt, dimenticando un immotivato rancore e tornando all’antico affetto, s’è ricordato di lui prima di morire: con l’ultimo dono.
(Agli amici... lo consiglio.)