Maurizio Maggiani - Il Romanzo della Nazione (2015)
Quelle due parolone nel titolo, con le maiuscole, Romanzo e Nazione, di primo acchito hanno un che d'esagerato. Poi, in corso di lettura, si conviene che Maggiani affronta questa volta un tema effettivamente grande: intanto premette che le Nazioni le costruiscono i popoli, che sono fatti di persone perlopiù comuni ma impegnate, persone le cui storie contribuiscono decisamente a fare la Storia, sicché le narrazioni delle stesse, spesso minori e dimenticate, ricostruite mettendo insieme pezzi di verità e magari un po' d'immaginazione, compongono - per l'appunto - il Romanzo della Nazione; e quindi Maggiani parla di gente che ha conosciuto personalmente, famigliari e compaesani, e poi di persone comuni delle quali ha sentito o letto, risalendo indietro di alcune generazioni fino al tempo del Risorgimento, e dà a loro il merito per ciò che hanno fatto, costruito: molto, sicuramente, però - sostiene - non abbastanza: la Nazione è certo progredita, ma l'opera è chiaramente incompiuta e “non si possono lasciare le cose a metà, non funziona”, per cui ora starebbe a noi...
Il libro è complessivamente buono, e meritorio, ma anche disomogeneo tra la parte autobiografica, fresca e scorrevole, e quella più decisamente storica, interessante ma piuttosto pesante. (Poi, un'annotazione di dettaglio: va bene il dialetto inserito qua e là perché ha un suo senso, ma nell'italiano di Maggiani, generalmente di alto livello, risulta fastidioso lo sdoganamento di certi “a me mi”, “a gratis”, o dell'espressione “era dietro a fare questo o quest'altro”... L'italiano, qui come ovunque, dovrebbe essere corretto.)