mercoledì 6 luglio 2011

Vizio di forma


Thomas Pynchon - Inherent Vice (2009) / Vizio di forma


Dieci motivi per cui non m'è piaciuto:
1) se è vero che una detective-story deve essere complessa, qui il groviglio della trama e la miriade di personaggi sono tali da rendere la lettura pesantissima;
2) gli U.S.A. anni ‘70 di Pynchon risultano veramente asfissianti: per il fumo delle droghe, ma più ancora per lo squallido grigiore che avvolge tutto;
3) l’antieroe protagonista è (per autodefinizione) “un povero coglione testa di cazzo di investigatore privato”, gli antieroi coprotagonisti sono quei fetenti sbirri del Dipartimento di Polizia di L.A., cioè “gang, tossici, cagnacci, pappa e pippe, e tutti con del ferro addosso”; niente eroi - e pazienza -, ma nemmeno un valore positivo che sia uno: che schifo di mondo!;
4) lo sguardo ‘attento’ di Pynchon sulle persone e sulle cose è sempre rigorosamente superficiale: appiattisce tutto in una sola dimensione;
5) la cultura pop dell’epoca è tradotta in un’overdose di riferimenti (film, programmi Tv, pezzi musicali…): un elenco arido, come di roba assunta (smodatamente, pure questa);
6) l’umorismo di Pynchon può essere sintetizzato attribuendo a lui stesso le parole di Shasta, pag. 401: “Sono teatrale. Mi piace uscirmene con certe battute a effetto, è più forte di me”;
7) una pagina di Pynchon ti fa dire “come scrive bene”, poi cominci a mettere in dubbio l’affermazione, e qui le pagine sono 470;
8) qualcuno mi aveva detto che è il libro più leggibile di Pynchon… (be’, almeno questa è un’avvertenza per il futuro);
9) data la futilità dei contenuti potrebbe essere un libro d’evasione: ma - non è il mio caso - solo per gli amanti delle costruzioni complicate fine a se stesse, come potrebbe essere un grandissimo castello di carte, toh;
10) in questo romanzo c’è molto, moltissimo fumo (d’ogni tipo, Pynchon si dimostra ferratissimo), ma poco, pochissimo arrosto. 

(Agli amici... lo sconsiglio.)

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